Storie di Mare/1: “Nettuno” di Giovanni Beani 3


Storie di Mare/1Il racconto “Nettuno”, finalista nella prima edizione del premio letterario Storie di Mare indetto da Marco del Bucchia Editore, é stato pubblicato nell’antologia “Storie di Mare/1”.

“Nettuno”

Scricchiolavano come ossa rotte.

Abbandonate dal mare, sul litorale della Versilia, tutte quelle fragili conchiglie si spezzavano una dopo l’altra, quasi gemendo come se fossero in vita, sotto le suole di gomma delle mie scarpe sportive.

Era un suono strano che, come una triste musica, faceva da sottofondo ai miei pensieri.

La luna piena, lassù in alto, faceva rimbalzare sul mare la sua pallida luce riflessa. Guardavo, senza però realmente vederli, quei magici luccichii che saltellavano e si rincorrevano sull’apparentemente dolce superficie di quel mare che tante volte era stato testimone di attimi della mia vita.

Era stato proprio lì, davanti a me, che una splendida mattina di agosto, di ormai diversi anni fa, ero arrivato e mi ero fermato, accanto a una boa, con un pattino bianco come la neve e rosso come il fuoco. Ero lì assieme a “lei”.

E sempre lì, ancorato alla boa, le avevo rivelato il mio amore, scoprendo, quasi con sorpresa, di essere ricambiato o, perlomeno, accolto.

Molte volte gli uomini che, sin da epoche remote, si sono autodefiniti cacciatori, in realtà altro non sono che piccole e, spesso, stupide prede.

Credono di essere forti. Credono di poter conquistare, per sempre, l’amore di una donna. Credono… ma in realtà solo col tempo si rendono dolorosamente conto che nulla è scontato, che niente è davvero così come sembra.

Quegli uomini poi che possiedono più sensibilità, come in fondo ho sempre creduto di avere anche io, si gettano a capofitto nel vortice delle emozioni, come fa il pesce scartato dal pescatore che si rituffa felice nel suo mare. Ma, proprio come quel pesce, si accorgeranno di portare sempre con sé una ferita straziante, come quella creata dall’amo del pescatore nella bocca del pesce. Una ferita che gli ha strappato un pezzo di anima.

E già, “lei” mi aveva rigettato in mare, mi aveva abbandonato e nel momento in cui avevo più bisogno che mi fosse accanto.

Il lavoro, da giovane imprenditore, come oggigiorno si dice, era partito bene. In molti mi avevano spinto a sfruttare a mio vantaggio quello che mi veniva detto fosse un mio talento.

Tanto che mi ero davvero convinto di avere un talento, uno di quelli che, come si credeva nei tempi antichi, gli Dei ti donano al momento della nascita.

E non si può andare contro al volere degli Dei, sarebbe un’offesa troppo grande.

Ma probabilmente ho offeso gli Dei ugualmente, in qualche altro modo, anche senza volerlo, senza esserne consapevole.

Nel giro di poco tempo la mia attività aveva iniziato a traballare. I debiti superavano i guadagni. Quelli che, ingenuamente, aveva considerato amici, con le scuse più assurde e banali, si erano dileguati nel nulla.

E nel nulla stavo sprofondando io.

Mentre gli “amici” sparivano, spuntavano, come funghi dopo la pioggia, i creditori.

Allora avevo tentato di arginare i debiti con altri debiti. Prima tentando le vie istituzionali delle banche, che ovviamente, nel momento in cui hai davvero necessità del loro aiuto, ti gettano fuori a calci, ma sempre con garbo, sia chiaro.

Poi con gli strozzini, squali incrociati con avvoltoi e camuffati da esseri umani.

E da quel momento in poi, la buca in cui sei caduto, si trasforma in un baratro senza fondo.

E “lei” in quei momenti era riuscita a pronunciare le parole più crudeli che le mie orecchie avessero mai ascoltato: “Non volermene, mi dispiace, ma non sento più niente per te. È inutile continuare a soffrire entrambi. Bisogna farsene una ragione. Purtroppo la magia dell’amore tra di noi non c’è più. È tutto finito! Addio!”.

L’aveva osservata, in silenzio, mentre preparava le sue valigie. Mentre si allontanava, senza uno sguardo. Mentre chiudeva la porta di casa dietro di sé. Per sempre. Solo di questo ero certo, per sempre!

Allora a cosa serviva combattere ancora? Combattere di nuovo?

Certo ripensandoci forse avevo le mie colpe. Avevo creduto negli Dei e nel loro aiuto. Avevo creduto nell’amore eterno, trascurando di comprendere a pieno tutto quel mondo che mi era sempre stato così incomprensibile e, spesso, distante. Quell’intero universo che si chiama donna. E “lei”… sì, lei era proprio la donna. La mia donna che ora non c’era più!

La mia mente si stava ingarbugliando in tutti questi pensieri mentre i luccichii lunari continuavano a rimbalzare dalla superficie del mare ai miei occhi lucidi.

Quel mare notturno, così calmo, ma così vivo, era… invitante!

Mi attraeva a sé e, quasi senza rendermene conto, mi ero ritrovato con l’acqua alle ginocchia.

Non era fredda, tutt’altro. Sentivo su tutto il corpo una specie di benessere e iniziai, coscientemente stavolta, a camminare in avanti verso quel mare misterioso e accogliente. Lo avevo visto fare in un film. Ma quale era? Mah non lo so, tuttora non lo ricordo. Comunque in quel film la protagonista iniziava a camminare dentro il mare, andando avanti, lentamente, sempre più avanti, sino a quando l’acqua non la ricopriva totalmente, facendola scomparire con delicatezza.

Mi appariva come un dolce finale. La fine di una triste storia. La mia fine.

Sì, ecco, avevo trovato la soluzione. Entrare per sempre in quel mare che tanto mi aveva dato e a cui adesso donavo la mia vita. Il mio sacrificio volontario a quegli Dei che dovevo avere offeso.

Ormai l’acqua era già arrivata sopra la cintura dei mie jeans quando davanti a me, al chiarore della luna, vidi qualcosa che stava galleggiando sulla superficie del mare. No, non stava galleggiando, stava… uscendo dal mare!

Mi bloccai. La paura assume forme strane. In quel momento la mia mente diceva al corpo di fuggire, ma il mio corpo se ne stava lì immobile, congelato come un merluzzo nel ghiaccio del supermercato.

Quel qualcosa intanto continuava a uscire dal mare e si faceva sempre più grande. Era una testa. Una testa umana. E continuava a venire fuori dall’acqua. Dopo la testa il collo e poi il corpo. Quella, che nel giro di pochi istanti era lì di fronte a me, era una figura femminile, sinuosa e affascinante. E mi fissava con occhi di un colore indefinito, limpidi come acqua pura. I capelli erano cortissimi, quasi inesistenti. Mi sembrava completamente nuda, ma forse era solo l’effetto del controluce creato dalla luna.

Inebetito completamente credo di avere pronunciato, balbettando, frasi inutili: “Chi sei?” – “Cosa vuoi da me?”.

La figura, senza pronunciare una minima sillaba, portò il dito indice della mano dritto davanti al suo naso. Mi chiedeva silenzio.

La paura mi cresceva dentro come un cancro. Sentivo nello stomaco qualche cosa che mi stava divorando. Sentivo il gelo scorrere nelle vene. Il sangue rallentare il suo percorso sino a fermarsi del tutto. E allo stesso tempo la testa scoppiare. I pensieri rimbalzavano dentro il cranio, da un punto all’altro, senza trovare modo di uscirne fuori.

Quell’essere, pauroso e affascinate, continuava a fissarmi. E i miei occhi non riuscivano a staccarsi dai suoi, come collegati da un filo d’acciaio invisibile.

Poi lentamente iniziò a scuotere la testa da destra a sinistra, di nuovo a sinistra e poi a destra. Era un no, dolce, ma perentorio.

Ero ancora immobilizzato dai miei stessi muscoli, quando sollevò di nuovo la mano, allungò il dito indice e se lo portò alla bocca poggiandolo sulle labbra. Poi allungò il braccio verso di me. L’odore del salmastro era come esploso, mi entrava nelle narici provocandomi dolore. Ogni singolo battito del cuore era come una pugnalata lancinante nel petto. In un movimento unico la punta del suo dito toccò la mia fronte, proprio in mezzo agli occhi. Un calore che mai avevo sentito si sparse in tutto il mio corpo. Tutte le paure e le ansie svanirono in un istante.

Storie di Mare/1 BackAppena un attimo dopo mi girò le spalle e il suo corpo formò una silhouette meravigliosa sui luccichii lunari del mare. Così, come era apparsa, scomparve di nuovo, immergendosi lentamente nelle acque profonde e accoglienti che solo pochi secondi prima mi avevano tanto attratto.

Scricchiolavano come ossa rotte. Tutte quelle fragili conchiglie si spezzavano una dopo l’altra, dentro i miei pugni stretti.

Mi ritrovo qui, bagnato e seduto sulla sabbia, con in mano pezzi di conchiglie marine a guardare quel mare in cui volevo affogare le mie delusioni.

Ma adesso non più. Ora avevo compreso. Non era ancora arrivato il momento della fine. Gli Dei mi volevano ancora bene.

E ora so anche che Nettuno è donna. Che lo siano tutti gli Dei?

Giovanni Beani @ 2009


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3 commenti su “Storie di Mare/1: “Nettuno” di Giovanni Beani

  • guerreronegro

    Bravo Giovanni.
    Questo “Nettuno” è senz’altro migliore di “Riflettere” (anche se quest’ultimo ha vinto un premio(*)).
    Un mio commentino lo puoi leggere qui: http://guerreronegro.splinder.com/post/21481475/Nettuno
    Se ieri sapevo dell’esistenza di questo blog evitavo di copiare a mano il racconto nel mio post e facevo un banale copy-and-paste (niente OCR a casa).
    E facci conoscere in questo tuo blog altri tuoi lavori!

    (*) Anche “Nettuno” ha comunque vinto un premio quale finalista.

  • Giovanni Beani L'autore dell'articolo

    Commenti estratti dal blog di “guerreronegro” che ha ricopiato il mio racconto sul suo sito.

    feritinvisibili:
    In ogni lotta c’è un momento in cui ci si vorrebbe arrendere. La tentazione di cedere, quando la sfida è questione di vita e di morte, ma se si ha il coraggio di sopravvive a quella sfida è proprio allora che si diventa Uomini e Donne.

    iolosoxchecero:
    La storia è piaciuta molto anche a me. Mi ha rapita dal primo all’ultimo rigo. E poi quello scricchiolare di conchiglie sotto le scarpe o tra le dita, entrare nell’acqua e sentire un calore avvolgente mi ricorda le mie passeggiate sulla riva, di sera, quando non c’era più nessuno…deve essere stato un segno del destino essersi fermati alla bancarella dove nessuno ti invogliava a comprare e scegliere proprio questo libro…

    RosaAzzurra:
    Ho i brividi…

    lunafragola:
    gli dei sono capricciosi e per fortuna non sono mai d’accordo tutti insieme, così capita che, anche se si sono offesi, qualcuno di loro stia dalla nostra parte. Bellissimo, bellissimo.

    argynnis:
    gli dèi sono donne..:-)

    Marilicia:
    Mi sono emozionata a leggere questa storia e mi è sembrata di viverla, a pelle, ho sentito l’odore del salmastro ed avvertito la carezza dell’onda.
    Lo cercherò questo libro e lo acquisterò sicuramente. Se tutti i racconti sono come questi, voglio che vada ad arricchire la mia collezione.